ANFITRIONE
martedì 27 febbraio 2007
Mercoledì 27 febbraio
COMPAGNIA Teatro Sociale di Stradella
in collaborazione con il Teatro Stabile di Genova
ANFITRIONE
di Molière
versione italiana di Patrizia Cavalli
con Antonio Zavatteri -Alberto Giusta -Aldo Ottobrino
Roberta Andreoni - Mariella Speranza -Massimo Brizi Federico Giani
regia di Antonio Zavatteri
scene e costumi di Laura Benzi
luci di Sandro Sussi
Un mito teatrale
Il grande mito del truffaldino amplesso di Giove con Alcmena, da cui nacque il semidio Ercole, ha trovato più volte la
via del palcoscenico: dai lontani tempi del latino Plauto al primo Ottocento del tedesco Heinrick von Kleist o al
Novecento del francese Jean Giraudoux, passando dalla celebre versione di Jean-Baptiste Poquelin, detto Molière
(1622-1673).
L’eros e il suo doppio
Invaghitosi della bella Alcmena, casta moglie del re di Tebe Anfitrione, Giove scende dall’Olimpo e le si presenta con indosso l’armatura del marito di ritorno dalla guerra; mentre il fedele Mercurio, assunte le sembianze di
Sosia, il servo del re del quale corteggia la moglie Cleante, fa la guardia alla porta del palazzo in cui si consuma
la divina notte d’amore, nel corso della quale fanno però ritorno a casa anche il vero Anfitrione e il vero Sosia.
Una questione di corna, anche se di corna “divine”, diventa così attraverso l’arte del teatro di tutti i tempi un
discorso sull’esproprio dell’identità e sull’arroganza dei potenti.
Travolgente comicità
Muovendo da questa situazione plautina, Molière costruisce una commedia dalla travolgente comicità che ha il suo culmine nella varietà di toni dei numerosi faccia-faccia tra gli Dèi e gli uomini, e che, pur divertendosi ad ammiccare in modo neppure troppo velato agli amori che nel 1668 erano in corso alla corte di Luigi XIV, assume per virtù artistica valenze universali, capaci di risultare contemporanee in ogni tempo.
«Una commedia perfetta, in cui tutto è grazia e leggerezza, anche la violenza. Già, perché di una tragicommedia si tratta e proprio i tratti tragici e la combinazione virtuosistica di elementi diversi messi in/nel gioco rendono perfetta questa commedia. Il basso e l’alto, l’umano e il divino, l’eroismo ed il cinismo tutto concertato con grande eleganza. Partendo da Plauto, Molière riscrive Anfitrione e mette di nuovo in azione Giove e Mercurio che, con l’aiuto della Notte, perpetrano uno degli intrighi più celebri del teatro classico ai danni di Anfitrione, Alcmena, Sosia e Cleante. Un affare di corna, e di corna “divine”. Quindi gli dei in combutta contro gli uomini, che per soddisfare le proprie pulsioni, non esitano ad esercitare violenza, a mentire sulla propria identità e soprattutto ad espropriare l’identità dei propri avversari; e gli uomini privati del proprio essere e quindi resi “nulla” dall’esercizio di prevaricazione ed arroganza dei potenti, tema ineluttabile ed eterno. Anfitrione è un grande gioco tra il reale e il suo doppio, la finzione, e dunque oltre ad essere, come ogni grande opera, oggetto di indagine sulla vita e sul comportamento umano è anche una riflessione sul teatro. Non a caso dopo Plauto e Molière anche Von Kleist ha affrontato questa celebre storia con i suoi proverbiali personaggi, e anche noi, come loro affascinati, cerchiamo di reinventare e dare vita a questo capolavoro».
ANTONIO ZAVATTERI